Ponte Romano di Porto Torres in Sardegna - Jurina & Radaelli
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Il Ponte Romano di Porto Torres

Restauro di una struttura dal valore inestimabile

Fin dal I secolo, il Ponte Romano di Porto Torres, con le sue sette arcate, i piloni cerchiati e la pavimentazione in tracheite, troneggia sul Rio Mannu. È tuttora il meglio conservato della Sardegna e, fino agli anni Sessanta del Novecento, continuava a collegare la città di Porto Torres (Turris Libisonis per i romani) con la zona delle miniere della Nurra, permettendo anche ai mezzi pesanti di transitare (come unica via di comunicazione con il territorio).

Come primo intervento, siamo andati a coprire la pavimentazione originale in trachite con una colata di cemento e a risolvere gli ingenti danni in fondazione provocati dallo scorrere del tempo.

Tra le altre problematiche, la prima arcata di sinistra presentava una fessura intradossale diagonale, interpretabile come un cinematismo composto, su cui interveniva una rotazione della spalla sinistra e un cedimento fondazionale della pila adiacente, con tutta probabilità causato dai cedimenti del terreno sul quale poggiavano le fondazioni.

Altre lesioni, parallele all’asse longitudinale del ponte, si trovavano in corrispondenza sulla quarta arcata da sinistra, provocate invece dal comportamento flessionale sotto carico della parte centrale della volta rispetto a quelle laterali, più rigide a seguito della presenza del parapetto e della muratura di facciata.

Dopo varie analisi elastiche lineari, eseguite per valutare l’effetto dei massimi carichi sopportati, abbiamo consolidato la costruzione, così da preservarla e contrastare la prosecuzione dei probabili meccanismi di cedimento.

Il progetto è stato ideato perseguendo tre obiettivi essenziali: rinforzare il piano di posa delle fondazioni con una serie di micropali d’acciaio, così da evitare ulteriori cedimenti; ripristinare il carattere monolitico della spalla a sinistra grazie ad iniezioni di malta e calce e, infine, rinforzare la prima arcata, eliminando le aperture provocate dall’avanzamento delle lesioni. Una spalla sinistra su cui sono stati anche inseriti anche quattro micropali in acciaio, che partono dal piano stradale fino a raggiungere i quattro metri d’altezza, accompagnati da iniezioni a base di boiacca di cemento.

Anche per la quarta campata di sinistra abbiamo lavorato affinché le aperture provocate dalle lesioni scomparissero e gli sforzi di trazione venissero assorbiti dalle cuciture armate, tutte realizzate con quattro barre filettate passanti in acciaio inox e posizionate in corrispondenza dei conci dell’archivolto.

Il nostro progetto ha così aiutato la preservazione non solo di un’importante infrastruttura di collegamento, ma di un vero e proprio pezzo di storia.

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